La 1° CMSS: una preziosa testimonianza

CMSS

1° CMSS:

LA PREZIOSA TESTIMONIANZA DI CLAUDIO BERGAMINI

La lettura della testimonianza di Claudio Bergamini, CEO di Imola Informatica – riportata di seguito – apre il cuore e genera la convinzione che è possibile favorire tra le persone l’emergenza di contesti organizzativi dedicati al dialogo, allo stare bene insieme e soprattutto all’apprendimento di come ognuno è grazie all’incontro con “l’essere” dell’altro.

ECCOLA:

“Vi risparmio la faccia tra il compatimento e il sarcastico di mio figlio quando gli ho detto un paio di mesi fa: “A cavallo di luglio e agosto vado per dieci giorni a seguire un corso”.

“Spero che ne valga la pena” gli ho risposto, e adesso posso dire che ne valeva proprio la pena. Quindi vorrei condividere l’esperienza della partecipazione alla Complexity Management Summer School.

Innanzi tutto è stata una fatica fantastica. Dieci giorni e parecchie notti di una intensità pazzesca, con una batteria di “docenti” e ospiti da favola e una ventina di alunni estremamente “intriganti” per varietà di estrazione: dal fotografo professionista, al direttore d’ospedale, al responsabile della innovazione, all’imprenditore belga, al responsabile dell’Enterprise Architecture di una banca, all’HR, alla Social Responsability, e così via.

I docenti restavano a disposizione per 4-5 giorni di cui 1 e mezzo a fare lezioni, giochi, laboratori e “community” o consulenze personali (anche in team) per il resto del tempo.

Diciamo che ci si poteva “ubriacare” facilmente con le diverse sfaccettature della complessità: l’aspetto filosofico, sociologico, tecnologico, organizzativo sono stati quelli più nettamente emersi durante il “corso”.

Per farla molto breve quello che ho imparato è che c’è un tipo di complessità oggettivamente evidente ma spesso non considerata: la complessità sociale.

Il fatto cioè che in qualsiasi aggregato di persone ognuna è un individuo con una sua visione di sé, degli altri (come genere) e del mondo ai vari livelli che si intersecano (la famiglia, le comunità in cui vive -città, azienda, etc.-) e che porta questo suo “essere e credere” nelle interazioni che ha con gli altri, influenzando con la sola sua presenza il comportamento di ognuna di queste.

Alla faccia del disegnare le organizzazioni con rettangoli e frecce!!

Tenere conto della complessità sociale significa tenere conto di questo aspetto, e quindi essere consapevoli della realtà che il comportamento degli aggregati di persone è largamente impredicibile, quindi occorre guidarlo dolcemente piuttosto che prescrivere. La prescrizione influenza i comportamenti pressoché sempre in modo negativo, e sono veramente pochi i casi -almeno nel knowledge work- in cui una prescrizione viene vista come una indicazione chiara da supportare.

La mia conclusione è che tutte le organizzazioni sono socialmente complesse per definizione e gli stili correnti di gestione (command and control) vengono sopportati ma non supportati, con la conseguenza diretta che le persone si difendono anziché partecipare.”

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