Leonardo da Vinci e il sapere dell’esperienza

 Due letture su uno dei più grandi geni dell’umanità

di Giuseppe Zollo

Quando una teoria non ci fornisce una idea convincente del mondo e non ci aiuta a risolvere i problemi, viene sostituita da una nuova teoria più efficace. Così procede la conoscenza scientifica. Quando però sono molte le teorie che non funzionano, allora va in crisi qualcosa di molto più profondo: il modo stesso di conoscere, cioè i metodi, i presupposti e gli strumenti utilizzati per costruire le conoscenze. Oggi viviamo proprio questo secondo tipo di crisi: una crisi di tipo ‘epistemologico’, che investe le strutture logiche e le metodologie delle scienze. Non è la prima volta. La scienza europea ha attraversato una crisi simile nel passaggio dal mondo medievale alla modernità, tra il Trecento e il Quattrocento della nostra era. Allora la crisi investì i due pilastri del metodo scientifico medievale: l’autorità degli antichi e l’autorità delle sacre scritture. Ogni esperienza, ogni novità, ogni nuova conquista intellettuale doveva essere ricondotta a questi due riferimenti per godere di una autorevolezza scientifica.

Protagonista d’eccezione del passaggio dal mondo medievale al mondo moderno fu Leonardo da Vinci. Vale la pena riuscire a comprendere come Leonardo, con un piede ancora nel Medioevo, sia riuscito a liberarsi dalla prigione del passato e valorizzare l’esperienza personale per sviluppare conoscenze, idee e progetti in anticipo di secoli sui suoi contemporanei. A tal proposito suggerisco due libri. Il primo è quello di Fritjof Capra, La scienza universale. Arte e natura nel genio di Leonardo, Milano, Rizzoli, 2007. Il secondo libro è di Giuseppe Di Napoli, Leonardo. Lo sguardo infinito, Milano, Einaudi, 2019.

Capra è l’autore del famoso Il Tao della Fisica del 1975, in cui evidenziava come la fisica del Novecento avesse messo in crisi il paradigma dominante della scienza occidentale sviluppato a partire dalla rivoluzione scientifica del XVII secolo. A quell’approccio, sosteneva Capra, era ormai urgente sostituirne uno diverso, capace di considerare il condizionamento reciproco tra la parte e il tutto, e di pensare in termini di continuo cambiamento. Idee che poi sono confluite nel grande alveo del pensiero complesso, che proprio in quegli anni stava cominciando a sviluppare le proprie basi scientifiche e filosofiche.

Capra vede in Leonardo il promotore di una scienza e di un metodo scientifico orientato a connettere tra loro le diverse manifestazioni della Natura, evitando di separarle in ambiti disciplinari diversi. L’obiettivo che Leonardo persegue per tutta la vita è la costruzione di una conoscenza capace di abbracciare il mondo nella sua diversità e complessità. È l’idea di una scienza universale, che ha come oggetto d’indagine le relazioni che tengono insieme il mondo vivente e non vivente.

A tal fine Leonardo elabora la teoria delle forze ‘spirituali’, cioè non materiali, che sono all’origine delle forme visibili e delle loro trasformazioni. Le potenze spirituali si attivano quando i corpi sono fuori dal ‘loro naturale essere a riposo’. I corpi sono spinti a mettersi in moto dalla la necessità della natura, perché «la necessità è maestra e tutrice della natura. La necessità è tema e inventrice della natura, e freno e regola etterna». Il concetto di ‘necessità della natura’ è fondamentale per Leonardo: ogni entità, animata e inanimata, deve comporsi entro l’ordine naturale. È la necessità della natura a spingere i corpi a realizzare la forma/funzione loro assegnata. Quando ‘per accidentale violenza’ i corpi ‘stanno fori di loro naturale essere’, ecco che la natura interviene a porre ‘freno e regola’. È la visione di una Natura che si auto-regola per mantenere in una relazione equilibrata tutte le sue manifestazioni. È l’anticipazione di Gaia, di una Terra vivente.

Di Napoli, l’autore del secondo libro, insegna all’Accademia di Belle Arti di Brera e all’Istituto di Design di Milano. L’obiettivo della sua indagine è comprendere come Leonardo osservi il mondo e come riesca a fissare le proprie osservazioni in disegni e pitture.

Ben prima della rivoluzione scientifica del XVII secolo Leonardo comprese la necessità di rivolgersi ad una nuova autorità per trovare le risposte che la scienza ufficiale non riusciva a dare. La nuova autorità è per Leonardo l’esperienza personale. Egli concepisce una specie di triangolo epistemologico, ai cui vertici c’è l’occhio, la mano e la mente. L’occhio scruta il visibile con l’obiettivo di acquisire il maggior numero di dati. La mano estrae dalla massa degli stimoli visivi i pattern ricorrenti. Leonardo è consapevole che l’esperienza personale si offre all’osservatore mischiando regolarità e casualità. L’obiettivo del disegno è dar conto delle regolarità, di ciò che ha un senso, di ciò che è degno di essere approfondito. I disegni di Leonardo non sono mai banali riproduzioni di stimoli sensoriali, ma veri e propri modelli stilizzati del fenomeno osservato.

Infine, c’è la mente, con la sua capacità di immaginare, di andare oltre l’esperienza immediata, di collegare fenomeni diversi. Leonardo affida alla mente il compito di coordinare l’occhio e la mente, per farli lavorare in sintonia. Un modo di operare che Leonardo riassume nell’affermazione: «il pittore che ritrae per pratica e giudizio d’occhio sansa ragione, è come lo specchio che in sé imita tutte le a sé contra poste cose, sanza cognizione d’esse».

Sappiamo che la storia della conoscenza ha preso un’altra strada e l’ideale universale di Leonardo fu messo da parte in favore di un metodo fondato sulla scomposizione analitica dei problemi, sulla misura e la modellizzazione matematica. Un metodo che ha prodotto innegabili successi. Ma che oggi, di fronte a fenomeni fortemente interconnessi e ambigui, mostra i limiti della impostazione originale. Il programma scientifico di Leonardo fu senza dubbio ambizioso. Impossibile da realizzare con i mezzi strumentali e concettuali che aveva a disposizione. Ma è un programma che oggi si ripresenta come una sfida ineludibile alla scienza contemporanea, che, col riscaldamento globale, deve fare i conti con le ‘necessità della natura’.

Anche a chi non è scienziato, o non è un genio come lui, Leonardo offre un insegnamento utile: invece di tentare di riprodurre schemi di comportamento inefficaci, facendo riferimento a conoscenze obsolete, e invece di rassegnarci all’impotenza, sarebbe utile prendere il coraggio a due mani e partire da una maestra insostituibile: l’esperienza personale. Con una solenne avvertenza: l’esperienza personale, per essere veramente istruttiva, non può essere praticata in modo inconsapevole e ingenuo. Essa deve essere realizzata con metodo. Leonardo ci insegna proprio questo: come sviluppare un metodo per dare valore alla propria esperienza del mondo. Può tornarci molto utile. Buona lettura.

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