UN SE’ PRIVO DI SE’: L’IDENTITA’ RELAZIONALE
“Rinunciando all’illusione di identificarsi con il proprio “io”, rimane una domanda inevasa: come poter mettere a disposizione degli altri il proprio io, se non lo si riconosce? Cosa mi rimane da donare per la costruzione di quella mente collettiva universale che auspichiamo se rinuncio al mio “io”?
L’identità personale è il frutto di un processo di co-definizione con la realtà circostante. Non esiste un sé localizzato, una forza motrice unica e riconosciuta che determini l’assetto della persona o permetta il consolidarsi di una coscienza autobiografica al di là della conoscenza. La conoscenza è la coscienza e se la conoscenza è una emergenza anche la natura dell’identità della persona è espressione di un fenomeno emergente. Si tratta di un Sé ‘virtuale’ in assenza di un Sé reale o considerato/considerabile come tale.
Il processo cognitivo e di apprendimento che anima la persona ed opera secondo le proprietà della complessità è un fenomeno di auto-organizzazione e ciò determina, tempo per tempo e spazio per spazio, un modo di essere integrato e significativo senza la necessità di un governo centrale che ne possa programmare con efficienza il risultato per se stessi e per gli altri.
Il concetto di identità, secondo questo approccio complesso, trova fonte e significato nel dominio della relazione, quale fenomeno emergente dall’interagire con ciò che si considera il proprio mondo e dalla ridondanza dell’esperienza che si consolida nel tempo, dando una struttura di certezza a ciò che non ha alcunché di certo, immaginando una forma sostanziale dove vi è invece il vuoto.
Tuttavia, sarebbe estremamente errato cadere nell’illusione contraria: se non c’è sostanzialità, se non c’è alcunchè di certo, allora non c’è nulla… Come tutti i fenomeni emergenti, che non hanno né sostanza né certezza eppure esistono ed hanno effetti – anche dirompenti – nella nostra realtà, così è per l’identità relazionale.
L’identità relazionale emerge come pattern relazionale privo di esistenza sostanziale o intrinseca; un’identità complessa e virtuale per la quale, come qualunque processo emergente, non è possibile definire una localizzazione di materia nello spazio e nel tempo, eppure si manifesta come un tutto coerente, dotato di qualità che le singole componenti non hanno.
“La cognizione è azione riguardo a ciò che manca, riempimento delle manchevolezze dalla prospettiva di un sé cognitivo. (…)
Anche se accettiamo queste idee riguardo ai sé privi di sé, sia al livello comportamentale di base che al più elaborato livello cognitivo, permane una questione di fondo. Come nota Dennett:
“vogliamo fare a meno di noi stessi (vogliamo eliminare i nostri sé). Il problema è che sembra che noi siamo quantomeno molto diversi: top-down, centrati, diretti globalmente”.
Questo è il motivo per cui ci sentiamo costretti a dar corpo all’idea di un centro o agente centralizzato, sia esso una entità del tipo di un omuncolo, o un più vago senso di un “sé come processo”.
Penso che la radicale novità della comprensione delle proprietà emergenti nei processi di reti distribuite che abbiamo acquisita recentemente e ancora frammentaria si trovi precisamente nel fatto che esse sono forti metafore, o meglio, prototipi, di quello che è un sé senza sé: un tutto coerente che non si trova da alcuna parte e che tuttavia può fornire un’occasione per l’accoppiamento strutturale. Sottolineo forti metafore perché senza i numerosi esempi prodotti recentemente questo apparente paradosso della non-localizzazione soggetta alla designazione di totalità diventa una contraddizione, e a meno che esso non sia spostato su questo meta-livello costruttivo scivoliamo rapidamente di nuovo nel tradizionale dibattito circa l’esistenza vs non-esistenza del sé, la persona, l’olismo e simili.
La novità consiste nel cambiare livello con un passaggio in due fasi: “verso l’alto” parliamo di proprietà emergenti dagli elementi costitutivi, e “verso il basso” di vincoli sulle interazioni locali dovuti alla coerenza globale. Di conseguenza un sé non-sostanziale può nondimeno agire come se fosse presente, analogamente a una interfaccia virtuale. (…)
L’ “Io” privo di sé è un ponte fra il corpo materiale comune a tutti gli esseri viventi con un sistema nervoso e la dinamica sociale nella quale vivono tutti gli esseri umani.” (Francisco Varela, 1992)